Che l’impatto della crisi sulla vita del nostro organismo nazionale sarebbe stato pesante, era chiaro sin dall’inizio. Nell’ultimo anno, politicamente parlando, si stanno denlineando i contorni precisi di un processo che porterà ad una svolta radicale nella vita politica italiana, pari a quella che archiviò la Prima Repubblica, processata e condannata nelle piazza prima ancora che nei tribunali. Come allorasoffia un vento di bieco giustizialismo, come allora l’irrazionalismo qualunquista della massa sta assumendo forme varie. Già come allora, questo nuova ondata di cambiamenti sta portando all’apparizione di qualcosa di nuovo.
Nel 1994 fu la discesa in campo di Silvio Berlusconi a riempire il vuoto creatosi sulle ceneri delle forze politiche che avevano segnato il periodo del boom economico. Oggi la situazione è più delicata, il senso di responsabilità nazionale dovrebbe frenare chiunque coltivasse l’intenzione di entrare a gamba tesa contro il sistema, come fu nel 1994. Se nel 1994 la situazione economico finanziaria era tranquilla e in grado di sostenere un terremoto come quello berlusconiano, oggi non è possibile permettere che il necessario e fisiologico superamento di una fase politica possa portare ad una nuova fase traumatica e nuova. Se la Prima Repubblica crollò, è necessario che la Seconda finisca, ma senza crollare.
L’aria che si respira è un'aria da fine impero. La differenza tra il crollo di un impero e la fine di un impero sta nell’essere o meno causate da uno specifico evento di trauma. Se l’Impero Romano d’Oriente crollò in seguito all’assedio della capitale Costantinopoli, quello che si auspica è che tra il tramonto della Seconda Repubblica e l’alba della Terza non vi sia una totale chiusura, ma soltanto una discontinuità. E’ essenziale che i protagonisti della vecchia fase non ostacolino il cambiamento, restando attaccati a questioni obsolete, e infine che la cultura cattolica e quella liberale rifioriscano e riprendano in mano la direzione intellettuale di questo paese.
E’ assolutamente necessario che tutte le forze in gioco si impegnino per dare all’Italia la stabilità sociale e politica necessaria per combattere efficacemente la crisi e l’intero mondo lavorativo tanto calpestato. Solo a quel punto si potrebbe ragionare su CHI (o COSA) effettivamente possa rappresentare quel tanto vagheggiato cambiamento.
Liborio Di Franco
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