Nel 1989 si disse che la storia era "finita". Con la caduta del blocco sovietico e il definitivo smantellamento della "Cortina di ferro", infatti, si iniziò a pensare che gli Stati Uniti avrebbero esercitato nel mondo globalizzato un dominio pressoché incontrastato per almeno un secolo.
Accadde l'opposto. Il "mondo occidentale" che fino a quel momento era stato unito sotto l'egida statunitense, in funzione anti-sovietica, assaporò per la prima volta, la libertà di esercitare in autonomia la propria politica economico-internazionale, anche al di fuori dei confini europei.
Il punto di rottura sarà il 2001, quando con il crollo delle Twin Towers e l'inizio di una recessione quasi senza precedenti, il sistema capitalistico occidentale entrò in una crisi profonda.
Negli stessi anni, si assistette all’ascesa cinese, alla progressiva dismissione dell'asse USA-UE, nonché allo smembramento politico dell'UE, frenato solo dalla convergenza monetaria, raggiunta solo poco prima.
Un primo esempio di tale smembramento è senza dubbio la Guerra in Iraq. Francia e Germania non prenderanno parte al conflitto, mentre la Gran Bretagna, Italia e Spagna appoggeranno l'intervento armato.
Ma di li avanti la politica "comunitaria", sembra andare alla deriva, non ultimo caso, il mancato intervento tedesco in Libia, seguito dalla divisione con la quale i paesi europei hanno accolto l'ingresso della Palestina nell'Unesco, solo qualche giorno fa: la Germania ha espresso voto contrario con gli Usa, l'Italia si è astenuta e la Francia ha votato favorevolmente.
Ma il progressivo deterioramento dei rapporti tra i maggiori stati Europei, non è conseguenza esclusiva di ragioni di politica internazionale, quanto piuttosto di ragioni di carattere economico. Anzi si può dire senza preoccupazioni che le prime sono frutto delle seconde.
Facciamo qualche passo indietro. L'integrazione europea mosse i primi passi nei primi anni '50. Con il "Piano Schuman" la Francia, richiese di sottoporre la produzione del carbone e dell'acciaio in Francia e in Germania ad un'Alta Autorità, la cui organizzazione sarebbe stata aperta agli stati europei che avessero voluto aderire. Parteciperanno alla CECA, Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, la Germania, la Francia, L'Italia, il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo. Bisogna rammentare che il possesso dei bacini della Saar e della Ruhr, può considerarsi tra i motivi dello scoppio della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, il carbone e l'acciaio erano infatti ai tempi delle risorse essenziali per la produzione energetica e militare.
L'Europa post-bellica, ancora divisa, portò avanti, quindi, un progetto di condivisione delle risorse, che pose le basi per un'uniformità del settore economico europeo e quindi una solidità economico-politica europea.
Questa solidità pare si sia inclinata, proprio per il venir meno di quelle ragioni di condivisione promosse da Schuman, Adenauer, De Gasperi e Spaak. I "Big" europei hanno, infatti, promosso politiche energetiche totalmente autonome. La Germania e l'Italia, hanno cercato di portare avanti un rapporto privilegiato con Mosca, senza tenere in debita considerazione le necessità di una comunità ben più ampia e agendo come attori singoli e pertanto con poca forza contrattuale.
Espressione visibile di questa divisione in politica energetica è la Guerra in Libia, dove:
- la Germania non è intervenuta, non avendo interessi energetici da salvaguardare;
- la Francia e l'Inghilterra hanno invece promosso un intervento immediato al fine di sottrarre i contratti petroliferi all'italiana ENI e al fine, specie la Francia, di affermarsi come potenza europea a vocazione universale;
- e l'Italia ha rincorso il conflitto nella speranza di essere ancora in tempo per salvare i propri assetti energetici.
Da tutto ciò si può rinvenire ad una sola conclusione: L'Europa è divisa. Da rifare insomma? Non proprio, se non altro per l'EURO.L'introduzione di una moneta unica è stato, infatti, un passaggio da cui difficilmente si può tornare indietro (Per fortuna).
L'Euro, nato come moneta forte, ha garantito una interrelazione totale delle economie europee. Ciò è andato a vantaggio sia dei Paesi del Sud - Europa (tra cui l'Italia), che hanno iniziato a godere di una moneta supportata dalle robuste economie del Nord Europa che potevano far fronte alle eventuali crisi del debito, sia delle economie del Nord, specie quella tedesca, che con una moneta unica forte non sono state più soggette alla svalutazioni della Lira italiana ed hanno potuto aumentare le proprie esportazioni.
Allora? Le soluzioni?
Nessuna valida per l’Europa, se non ritorna a cercare una comunione d’intenti (il referendum Greco va nella direzione opposta). Nessuna comunque che non comprenda i paesi del “Bric” (Brasile, Russia, India, Cina). Nessuna che non comprenda dei sacrifici e che non necessiti di responsabilità, coerenza e rispetto per le generazioni che verranno. Insomma, la storia non sembra essere finita, al massimo sta iniziando a tagliarci fuori dai suoi programmi.
1 commento:
L'articolo da spunti di riflessione interessanti.
In primis il fatto che ad un'unione economica dell'Europa non sia seguita un'effettiva unione politica. E nonostante, per l'Europa, l'unione politica sembri l'unica via percorribile, al fine di svolgere un ruolo indipendente nello scacchiere mondiale, questa meta sembra molto lontana.
I recenti accadimenti mostrano che ogni nazione più o meno importante pensi solo al suo interesse, ignorando che in questo modo si fanno solo gli interessi transatlantici.
Io credo sarebbe importante qualke piccolo sacrificio in più da parte di ogni nazione europea, non tanto per diventare gli Stati Uniti d'Europa, ma perlomeno per creare qualcosa che gli somigli.
Ciononostante lo sviluppo di movimenti quali la Lega Nord, o di recrudescenza dell'estremismo nero specie in Nord Europa, sembrano andare contro questa possibilità..
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