domenica 24 aprile 2011

RITA LEVI MONTALCINI E L'NGF. SECONDA E ULTIMA PARTE.

Oggi è il più anziano senatore a vita in carica, e nonostante l’età continua a dare prova di grande lucidità. Sul piano politico il suo nome saltò alla ribalta quando sostenne fino alla fine il governo Prodi II, dopo la vittoria de l’Unione del 2006. In quel periodo, a causa della propria ridotta capacità visiva - è praticamente cieca dal 2001 a causa di una maculopatia -, rifiutò la presidenza del Senato provvisoria che le spettava per anzianità nel periodo d'elezione, e non partecipò ai lavori delle commissioni parlamentari. Per questo motivo l'ex ministro Francesco Storace la contestò ironizzando sull'età e suggerendo di fornirla di un paio di stampelle. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, censurò il giorno successivo l'intervento di Storace, scatenando un acceso dibattito sfociato in una denuncia per offesa all'onore e prestigio del Presidente della Repubblica a carico di Storace. Un altro evento che la vide coinvolta, nello stesso periodo, fu la proposta, della Lega Nord, di un emendamento alla legge finanziaria per spostare alcuni stanziamenti pubblici dalla fondazione EBRI verso la Fondazione di ricerca dell'Ospedale San Raffaele di Milano, fra i cui soci risultava Fininvest, società guidata dalla famiglia Berlusconi. La senatrice intervenne in aula per spiegare la propria decisione di non partecipare alla votazione sull'emendamento per conflitto d'interessi, affermando però: "Signor Presidente, io non voterò, ma ringrazio molto quanti si rendono conto dell'attività svolta dall'istituto EBRI per la scienza italiana. Sono veramente molto grata a tutti coloro che si rendono conto di quanto stiamo facendo per la scienza, che mai è stata così utilmente portata avanti. Grazie infinite". L'emendamento della Lega Nord venne in seguito respinto.
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Quando nel 1944 gli Alleati costrinsero i tedeschi a lasciare Firenze, la Montalcini divenne medico presso il quartier generale anglo-americano, e venne assegnata al campo dei rifugiati di guerra provenienti dal Nord Italia. Qui si accorse però che la professione medica, intrapresa per "aiutare i poveri e i sofferenti", non era per lei. Non riusciva infatti ad instaurare un sufficiente distacco emotivo dai pazienti. E così, finita la guerra, riprese la sua attività di ricerca sul sistema nervoso presso l’Istituto di anatomia dell’università di Torino. Quelli a cavallo tra l’emanazione del Manifesto della razza e la fine della seconda guerra mondiale furono anni difficili per la ricercatrice torinese, che tuttavia si rivelarono fondamentali nel cementare il suo rapporto con la ricerca. Fu solo questa passione infatti, assieme all’affetto degli amici, a consentirle di vivere con serenità il periodo nazifascista ( fu tutto "acqua sulla pelle di un’anatra", ha dichiarato in occasione dei suoi cento anni).
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Anche la seconda guerra mondiale, dunque, decidette le sorti del Fattore di Crescita Neuronale; ma una svolta decisiva si ebbe nel 1947. Victor Hamburger, che era fuggito dalla Germania nazista, offre alla sua collega la cattedra di docente del corso di neurobiologia al Dipartimento di zoologia della Washighton University di St. Louis, e lei accetta. Convinta che il soggiorno negli USA sarebbe durato solo alcuni mesi, di fatto vi rimase per più di trent’anni. Fu il periodo decisivo nell’epopea dell’NGF. Si fa evidente d’ora innanzi, con maggior vigore rispetto a prima, quanta importanza abbia avuto il lavoro d’equipe per il buon esito della ricerca. L’incontro tra la Montalcini e Hamburger metteva assieme ed integrava due competenze diverse, che mancavano rispettivamente ad ognuno dei due. Lui veniva dall’embriologia analitica e sperimentale, dalla ricerca biologica di base, ed aveva soltanto una vaga idea del sistema nervoso. La Levi Montalcini era, al contrario, di formazione medica ed aveva poca dimestichezza con le nozioni e i metodi della ricerca embriologica. Anche l’EBRI si fonda oggi sul lavoro di squadra, mantenendo un’alta concentrazione critica di persone che lavorano contemporaneamente allo stesso problema, con elevate possibilità di risoluzione. Inoltre c’è la possibilità di comprare macchinari molto costosi che per piccoli gruppi di ricercatori sarebbe impossibile acquistare.
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Nell’autunno del 1947, la Levi Montalcini dimostrava conclusivamente il fenomeno, già osservato con Giuseppe Levi, della morte cellulare nei neuroni programmati per afferire ad un territorio embriologico in corso di sviluppo ma asportato sperimentalmente. Ciò indicava fortemente che la regione amputata regolava in qualche modo ancora sconosciuto la proliferazione e lo sviluppo cellulare del tessuto nervoso destinato ad innervarla. In quello stesso periodo un dottorando di Hamburger, tale Helmer Bueker, iniziava esperimenti di innesto del sarcoma 180 (S 180), un tumore maligno del topo, in embrioni di pollo. Nel 1948, queste indagini portavano alla scoperta che il S 180 veniva raggiunto da un’intensa proliferazione di fibre nervose emergenti dai gangli vicini. Questi stessi gangli apparivano più grandi rispetto a quelli dell’arto non innestato con S 180. Nel 1950 Hamburger descrisse le indagini del suo allievo alla Levi Montalcini, che decise immediatamente di riprodurle su scala più vasta e con tecniche istologiche più sofisticate. La Levi Montalcini osservava che la distribuzione e la diffusione delle fibre nervose nel sarcoma innestato era casuale, e non portava alla effettiva connessione con le cellule tumorali, come al contrario avviene tra fibre nervose e tessuti in sviluppo embrionale. La ricercatrice italiana accertava inoltre che l’aumento del volume dei gangli non era limitato soltanto a quelli situati in prossimità del S 180 ma interessava i gangli dell’intera catena simpatica, dai quali partivano estensioni di fibre in eccesso che invadevano in modo caotico i territori circostanti. Fu soprattutto quest’ultima evidenza a suggerire alla Levi Montalcini l’idea che l’effetto del S 180 fosse dovuto al fatto che le cellule tumorali rilasciassero una qualche sostanza diffusibile in grado di stimolare la differenziazione e la crescita delle cellule nervose recettive alla sua azione. Per valutare quest’ultima ipotesi, la Levi Montalcini trapiantava frammenti di S 180 sulla membrana corio-allantoidea di embrioni tra il quarto e il sesto giorno d’incubazione - in modo che i tessuti tumorali e quelli dell’embrione fossero collegati solo attraverso vasi sanguigni e non direttamente. I risultati corroboravano l’ipotesi che le cellule tumorali rilasciassero una sostanza stimolante la crescita nervosa. Tale spiegazione era in contrasto con i principi fondanti dell’embriologia del tempo, secondo i quali era esclusivamente il programma genetico a guidare la differenziazione cellulare. E forse anche per questo la comunicazione di tali scoperte alla New York Academy of Science nel dicembre 1951 fu accolta con freddezza e diffidenza. Per approfondire questi risultati la Montalcini pensò di ricorrere alle tecniche di coltura in vitro, più facilmente riproducibili. Lo fece presso l’università di Rio De Janeiro, a quel tempo all’avanguardia per quanto concerneva la coltura cellulare in vitro.
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A Rio De Janeiro l’uso dell’incubazione dei tessuti in vitro confermava i risultati delle ricerche condotte sull’embrione. Restava solo il problema di isolare ed identificare questo fattore di crescita: una questione ormai eminentemente biochimica. Così, quando nell’inverno del 1953 la Levi Montalcini tornava a St Louis, Hamburger le affiancava il giovane biochimico Stanley Cohen, che effettivamente riuscirà a giungere alla risoluzione del problema. Ma invece dei pochi mesi preventivati, passarono ben sei anni prima che venissero chiariti il peso molecolare e la successione amminoacidica del Nerve Growth Factor. La questione aperta restava quella del chiarimento dell’eventuale ruolo di questa molecola nel normale sviluppo embriologico del sistema nervoso.
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Nel 1959, un esperimento condotto con un antisiero specifico contro l’NGF, iniettato in cavie ai primi giorni di vita, provava che l’inattivazione dell’NGF endogeno determinava una marcata atrofia dei gangli simpatici. Era la dimostrazione che l’NGF costituisce un fattore fondamentale nel normale sviluppo del sistema nervoso. Dal 1960 in poi venivano determinati i meccanismi d’azione dell’NGF, i vari ruoli funzionali, l’identità chimica, la dimensione genetica, l’interazione col sistema nervoso centrale, con quello immunitario e col sistema endocrino, l’influenza sul comportamento.
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Le conseguenze delle ricerche avviate dalla Montalcini e dai suoi collaboratori sono state dunque veramente enormi e sorprendenti, e tuttora ella confida in ulteriori sviluppi. E, in questo senso, la presenza di fonti particolarmente ricche di NGF, come il veleno di serpente, i sarcomi o le ghiandole salivari sottomascellari del topo, è sicuramente una vera e propria manna per ogni biochimico, che di solito dispone di concentrazioni di gran lunga più scarse della sostanza che vuole isolare. " La scoperta del NGF all'inizio degli anni cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo.": così recita la motivazione del premio Nobel per la Medicina a lei conferito insieme al suo studente-collaboratore Stanley Cohen, nel 1986.
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La ricercatrice rappresenta tuttora un punto di riferimento e un modello per le nuove generazioni di ricercatori, per la curiosità e l’onestà intellettuale che la caratterizzano. Fortunatamente è la prima destinataria del Nobel ad aver varcato la soglia dei cento anni. A 101anni continua a battersi affinchè non si smetta di investire sulla ricerca, e affinchè l’Italia segua, in questo, l’esempio degli Stati Uniti. In realtà, il contesto storico contemporaneo vede una tendenza della classe politica, non soltanto italiana, a sacrificare, tra le altre cose, ricerca e istruzione per far fronte alle continue crisi economiche degli ultimi anni. Anche l’attività dell’EBRI va avanti tra continue difficoltà finanziarie. Ma quel fuoco sacro che accomuna Rita Levi Montalcini a chi fa il ricercatore per passione arde ancora, e speriamo, affinchè l’umanità ne possa godere, continui a farlo a lungo. "Se l’importanza della scienza è stata talvolta messa in dubbio, questo è avvenuto perkè gli sforzi dell’uomo verso le sue migliori aspirazioni sono imperfetti. Soprattutto è con l’impegno d’ogni giorno che l’umanità ha raggiunto il posto eccezionale che oggi occupa sulla terra. Noi dobbiamo essere tra quelli che credono invincibilmente che la scienza può trionfare sull’ignoranza e sulla guerra." (Marie Curie,1926).

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BIBLIOGRAFIA:

Rita Levi Montalcini, Cronologia di una scoperta, B. C. Dalai Editore, 2010.

Rita Levi Montalcini, " Il fattore di crescita della fibra nervosa 35 anni dopo", ( testo integrale della Nobel Lecture tenuta dalla Montalcini in occasione del conferimento del Nobel per la medicina ), 1986.

Treccani, Enciclopedia della Scienza e della tecnica, vol. II, 2007.

Rita Levi Montalcini, La clessidra della vita, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2008.

Rita Levi Montalcini, Cantico di una vita, Garzanti, 200.

Pietro Calissano e Rita levi Montalcini, Aspetti molecolari di neurobiologia, Springer-Verlag, 1986.

Rita Levi Montalcini, Elogio dell’imoerfezione, Garzanti, 1987.

SB McGrayne, Nobel Prize Women in Science., Carol, 1993.

FN Magill, The Nobel Prixe Winners: Physiology or medicine., Salem Press, 1991.

Olson R. and R. Smith, Biographical Encyclopedia of Scientists., Marshall Cavendish, 1998.

Giuseppina Tripodi, La clessidra della vita di Rita Levi-Montalcini, Baldini Castoldi Dalai editore, 2008.

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