sabato 22 gennaio 2011

MEDIO ORIENTE. L'UTOPIA DELLA PACE. 11/17

Secondo questa teoria [ dello scontro di civiltà, di Samuel Huntighton, ndr ] mondo occidentale e mondo mediorientale rappresenterebbero due civiltà inconciliabili. Il primo infatti sarebbe caratterizzato da un sistema politico liberal- democratico e da una economia di mercato non proponibili in Medio Oriente, dove politica ed economia sarebbero subordinate alle radici islamiche dei popoli. Anche molti capi religiosi islamici, dal canto loro, hanno parlato di nuova crociata cristiana per riferirsi alla penetrazione occidentale nei loro territori; e in molti hanno invocato la jihad, la guerra santa, per cacciare lʼinfedele dallʼIslam. Sarebbe questo il motivo degli attentati terroristici dellʼ11 settembre, e di tutti gli attentati susseguitisi negli ultimi anni. Non cʼè da stupirsi, dunque, se essi aumentano quanto più si protrae lʼoccupazione occidentale, compresa quella di Israele, delle regioni mediorientali. In questo senso lo scontro di civiltà sembra davvero inevitabile. Ma secondo alcuni, come il noto giurista libanese Georges Corm, è un errore limitare la lettura del Medio Oriente alla sola chiave religiosa. Ciò porta a dimenticare che buona parte degli atti terroristici non avviene per motivi religiosi, bensì per motivi politici: la politica coloniale degli USA, la presenza di Israele in Palestina etc.. Risulterebbe dunque inopportuno istituire un conflitto inconciliabile tra religioni cristiana e islamica. Eʼ si vero che entrambe le religioni professano la fede nellʼunico vero Dio, ma è pur vero che le differenze tra loro sono minori di quanto talora per convenienza si preferisce pensare. Come già detto in principio, Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo sono nati tutti e tre nel Medio Oriente. "Gesù Cristo è ebreo. Come i suoi discepoli e la comunità in cui predicano. Nessuno di loro aveva la minima intenzione di rinnegare la religione ebraica. Ma la persecuzione subita per opera degli altri ebrei, che non erano in sintonia con il messianesimo di Gesù, porta i primi cristiani a fuggire e a giustificare teologicamente questo distacco" (Vincenzo Paglia). A differenza dellʼEbraismo, legato allʼappartenenza al popolo dʼIsraele, il Cristianesimo decise di aprirsi in uno slancio missionario agli altri popoli. Nel VII secolo d.C. lʼIslamismo, predicato da Maometto, sarà considerato un eresia cristiana, salvo poi assumere una dignità tutta propria a seguito delle grandi conquiste arabe successive alla morte di Maometto. La susseguente evoluzione dellʼIslam, in assenza di unʼautorità centrale in grado di scomunicare, rese impossibile la nascita delle eresie. Ciò vuol dire che le diverse interpretazioni messe a punto hanno tutto il diritto di proclamarsi come “autentiche”. Da ciò le difficoltà sorte oggi nel rapportarsi a questa religione, che ha il Corano come libro sacro ma riconosce la santità della Bibbia e della Madonna, e la figura di Cristo.

La Bibbia è il testo base delle comunità cristiane. Scritto originariamente in ebraico e in greco, il testo fu, tra il III e il I sec. a.C., tradotto in greco (la Bibbia dei Settanta). Tuttavia nelle prime comunità cristiane del mondo romano si fece presto sentire lʼesigenza di tradurre in latino i Sacri Testi. A incaricarsene furono, di volta in volta, elementi delle singole comunità: persone probabilmente di media cultura che, se non si fossero trovate costrette da ragioni estreme, non avrebbero forse affrontato mai alcuna impresa letteraria. Questi primi traduttori attinsero al livello basso della lingua sia in considerazione del proprio pubblico, fatto di gente semplice, sia per fedeltà al linguaggio dimesso degli originali e per disprezzo di ogni vano abbellimento artistico. Cominciarono, dunque, a circolare traduzioni sparse di differenti libri ad opera di diversi traduttori. I primi tentativi di ottenere versioni latine integrali, radunando i libri sparsi, risalgono forse a metà del II secolo. Tutte queste antiche versioni latine sono considerate come un blocco sostanzialmente unico, cui si da il nome di Vetus latina ( versio), cioè "(bibbia) latina antica". Alla fine del IV secolo, la quantità di versioni e di varianti del testo era sconcertante: fu così che, per iniziativa di papa Damaso e di Girolamo, si cercò di preparare una versione univoca ( la cosiddetta Vulgata) che, a partire dalla rinascenza carolingia (IX secolo), si impose definitivamente come libro base della cristianità latina.
Lungo il I secolo d.C. e ancora agli inizi del II, il cristianesimo fu a malapena notato dal mondo pagano. Esso avrebbe teoricamente potuto incontrare quellʼatteggiamento di tolleranza con cui varie altre filosofie religiose venivano a coesistere con le strutture portanti del mondo pagano, in quel clima sostanzialmente disteso di libertà e anche promiscuità di culto che spesso si indica come "sincretismo religioso". Tuttʼal più, avrebbe potuto guadagnargli antipatie la parentela con il modo giudaico, mai troppo ben visto in Roma. Tuttavia la scelta di vita cristiana si presentava come troppo totalizzante ed esclusiva per ammettere compromessi con i culti ed i modi di vita del mondo che veniva conquistando. Il cosiddetto paradosso cristiano era vivere in un contesto sociale fatto di vivi rapporti e fenomeni concreti sulla terra e rifiutarlo categoricamente, sentendosi cittadini di una contrapposta città celeste. E presto, in quella società terrena respinta con sprezzo e disinteresse, si cominciarono a formare dicerie calunniose che attribuivano ai cristiani culti segreti di particolare ferocia e pericolosità sociale. Eʼ questo il nocciolo delle forti antipatie cui il cristianesimo andò incontro presso i non convertiti e, di riflesso, presso le autorità costituite: con i conseguenti fenomeni delle “persecuzioni” da parte pagana, delle “apologie” da parte cristiana.
La tradizione cristiana, infatti, con centro nella Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesraea (265-340), fonda lʼidea di una ostilità serrata e continuativa dei pagani verso i cristiani, con persecuzioni sistematiche da Nerone fino alla pace della Chiesa intervenuta con lʼeditto di Costantino del 313. Manca invece del tutto una parallela storia delle persecuzioni che a loro volta i cristiani, ormai vincitori, inaugurano contro i culti pagani. In realtà il concetto di persecuzione va sfumato. Le “persecuzioni” iniziarono piuttosto tardi e per lo più furono legate a iniziative di magistrati locali. Fino a metà del III secolo non ci fu in merito una vera e propria legislazione cui rifarsi. La “persecuzione” avveniva in seguito a denuncia presso un magistrato che, altrimenti, non avrebbe preso lʼiniziativa di ricercare un cristiano perchè reo in quanto tale. Fu solo sotto Decio (249-259) che venne formalizzato, in autentica legislazione e con intento persecutorio, il conflitto tra pagani e cristiani. Si sviluppoʼ così lʼattività dei “difensori”, i cosiddetti “apologeti”, che intendevano fare fronte al complesso di pregiudizi con cui il mondo pagano guardava alla nuova religione.
Fabrizio G. Vaccaro

Nessun commento: