Mentre all’Avana riprendono, dopo una pausa di cinque giorni, i negoziati tra i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e i rappresentanti del governo di Juan Manuel Santos, tra gli sfollati colombiani continua a regnare la sfiducia. La maggior parte delle persone che hanno abbandonato le loro case per sfuggire al fuoco incrociato del conflitto -che negli ultimi cinquant’anni ha martoriato il paese in una serie di scontri e alleanze tra guerriglia, paramilitari, narcotrafficanti e forze di sicurezza- da tempo ha perso la speranza di tornare alla propria vita precedente. La rassegna stampa dei media colombiani.
Prensa Libre – Desplazados de Colombia descartan regreso a sus casas pese al proceso de paz
A Soacha, un quartiere povero alla periferia di Bogotà, le madri che sono fuggite assieme ai loro figli dalla violenza sono scettiche riguardo al dialogo tra il governo e la guerriglia. Il conflitto armatocolombiano ha avuto un costo inquantificabile in vite umane e quasi quattro milioni di colombiani sono stati costretti ad abbandonare le proprie case, una delle cifre più alte al mondo. Anche se sono un gruppo poco organizzato e non sono rappresentati al tavolo dei negoziati, il dramma degli sfollati dovrà apparire in almeno due dei cinque punti dell’agenda dell’Avana: la diseguaglianza nell’accesso alla terra e la situazione delle vittime. Ma la gente di Soacha, dove vivono 35mila sfollati registrati -anche se la cifra reale è molto superiore dato che molte persone che vi trovano riparo non denunciano la propria presenza per paura di ritorsioni e vendette-, crede che nessun accordo di pace né riconciliazione potrà ripagarli delle sofferenze subite. La paura incessante, l’allontanamento dalla famiglia, la perdita del lavoro e la discriminazione sono ferite che accrescono il dolore degli sfollati colombiani.
Rcn Radio – Trauma psicológico irreversible y desnutrición, las enfermedades que padecen los desplazados
Secondo la Croce Rossa e la Consultoría para los Derechos Humanos y el Desplazamiento(Codhes) esistono due malattie tipiche delle persone costrette ad abbandonare le proprie case in Colombia: il trauma psicologico irreversibile e la denutrizione. Francisco Moreno della Corce Rossa colombiana ha spiegato a Rnc Radio che “il trauma psicologico degli sfollati è enorme, non solo per le condizioni di sovraffollamento in cui si trovano a vivere nella maggioranza dei casi, ma anche perché si sentono senza protezione, di fronte a un mondo che non conoscono”. Per Marco Romero, direttore di Codhes, lo sfollamento non è sinonimo solo di traumi psicologici, ma anche di insicurezza alimentare: “In termini di medicina preventiva, è necessario migliorare l’alimentazione nelle prime tappe dell’allontanamento dalle proprie case, perché altrimenti in seguito ci saranno danni psicosociali, compresi casi irreversibili”. Entrambi concordano nel denunciare una mancanza di attenzione da parte del governo ai problemi della salute degli sfollati in Colombia.
Gli ultimi della lunga lista delle vittime delle violenze in Colombia sono quattrocento indigeni del municipio di Tadó, del dipartimento occidentale di Chocó, che hanno dovuto abbandonare le proprie terre a causa degli scontri imminenti tra le Farc e l’esercito in questa zona. Il governatore Oscar Gamboa ha parlato di minacce e pressioni contro la popolazione locale a opera delle Farc e dell’organizzazione insurrezionaleEsercito di Liberazione Nazionale (Eln), attive nella regione. Da vari mesi gli indigeni avevano denunciato numerose violenze e aggressioni dei gruppi armati illegali, compresi gli omicidi di due leader della comunità.
Difendere i diritti umani continua a essere uno dei lavori più pericolosi in Colombia. La Defensoría del Pueblo, l’organismo che vigila sul rispetto dei diritti umani, ha denunciato che 1.400 leader che si battono in nome delle popolazioni locali hanno ricevuto minacce di morte. Il governo ha dichiarato l’allerta in 122 comuni di 23 dipartimenti, dove è attivo il cosiddetto esercito contro la restituzione delle terre. L’ultima vittima di questo gruppo è stato l’attivista trentatreenne Miller Angulo, difensore dei diritti della popolazione afrocolombiana cacciata dalle proprie terre nel dipartimento di Nariño, ucciso il primo dicembre a Tumaco da due sicari in motocicletta. Secondo la Defensoría del Pueblo, i maggiori colpevoli delle minacce e delle esecuzioni sono bande criminali come “los Urabeños”, “los Rastrojos”, “las Águilas Negras”, “los Paisas” e “la Empresa”, che tutti insieme rappresentano l’80 per cento dei casi, mentre le Farc sono responsabili del 15 per cento dei casi e l’Eln del restante 5 per cento.
Francesca Gnetti
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