La Commissione Europea è in campo, il Consiglio d'Europa anche. Amnesty International e diverse altre Ong aiutano giornalisti, magistrati, semplici cittadini. Il partito-Stato è ovunque, sta occupando pubblica amministrazione, media, magistratura. Eppure il partito di governo siede tuttora nel Parlamento europeo nei ranghi del Partito popolare europeo, cioè in sostanza i democristiani. Angela Merkel e i suoi colleghi di fede non hanno ancora spiegato all'Europa e al mondo che cosa diavolo abbia da spartire quel modo di governare con l'eredità politica e culturale democratica di Helmut Kohl, o di Adenauer e de Gasperi. Detta in due parole, la tragica contraddizione è tutta qui. Parliamo di un paese membro dell'Unione europea e della Nato, l'Ungheria, dove la Fidesz, il partito del premier Viktor Orbàn, al potere dall'aprile 2010, sta stravolgendo lo Stato di diritto. "Non saremo mai una colonia, non ci lasceremo dettare da altri le nostre leggi", tuona Orbàn mentre mendica un credito di 15-20 miliardi di dollari da UE e Fmi (Fondo Monetario Internazionale) per evitare un default. Vediamo la deriva ungherese e le proteste e azioni di solidarietà che suscita, punto per punto.
Un'Entità etnica, non di valori. La nuova Costituzione (Alaptoervényi). La Commissione europea ha avanzato gravi riserve: il testo appare autoritario, nazionalista, discriminante rispetto alle minoranze e allealtre religioni. La Costituzione definisce il paese "Ungheria" e non più "Repubblica ungherese", si ispira a un'idea di nazione quale entità etnica e non quale entità di valori, definisce il cristianesimo quale valore costitutivo della nazione, discriminando di fatto la comunità ebraica e altre religioni.
Informazione: il diritto di punire. E'quella che ha sollevato più critiche. Anche la Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) si è mobilitata, con recenti sit-in davanti all'ambasciata d'Ungheria a Roma, petizioni, proteste. Accuse e riserve sono state mosse anche dall'Unione Europea. La nuova legge ha dato poteri speciali alla Nmhh (autorità nazionale di controllo sui media e l'informazione). Diritto di vietare o punire informazioni mediatiche che violano presunte regole morali. Contemporaneamente, il governo ha epurato i media pubblici, per i quali esiste ora una newsroom unica. Manifestazioni o iniziative parlamentari dell'opposizione sono passate sotto silenzio o quasi. Un migliaio di giornalisti sono stati licenziati.
Giustizia: il controllo ad un'amica del premier. Il Consiglio d'Europa le ha condannate lunedì 19 marzo come contrarie alle norme e ai valori europei, e incompatibili con il diritto di ognuno ad avere un processo giusto. Il governo Orbàn ha disposto il pensionamento forzato anticipato dei giudici oltre i 62 anni, sostituendo in tal modo i magistrati scomodi con altri docili. E ha creato un'autorità governativa di controllo della giustizia, la cui responsabile è un'amica di famiglia del premier.
Parlamento: continue procedure d'urgenza . Aspramente criticate dal Parlamento europeo e da membri della Commissione. Hanno instaurato di fatto la procedura d'urgenza per ogni legge definita importante dalla maggioranza governativa, che ha due terzi dei seggi in pugno dopo le elezioni dell'aprile 2010. Inoltre il governo Orbàn prepara una legge retroattiva in base alla quale solo i partiti che si erano presentati come partiti alle politiche del 2010 avrebbero il diritto di costituirsi come gruppo parlamentare. I deputati non iscritti a un gruppo parlamentare perderebbero finanziamenti pubblici ai partiti e diritto automatico a prendere la parola nelle sessioni inaugurali. Il bersaglio della legge (retroattiva, come facevano Hitler e Stalin) è Ferenc Gyurcsany, il più popolare e carismatico leader progressista, ex premier socialista. E' uscito dal Ps per fondare un nuovo gruppo, "Coalizione per la democrazia" e rilanciare un processo di unità e convergenze nel centrosinistra. Con la nuova legge vogliono metterlo a tacere.
Discriminazioni razziali. I rom, che sono circa 700mila, sono ogni giorno vittime delle angherie del partito d'ultradestra Jobbik, all'opposizione ma le cui idee e slogan sono spesso copiati dal governo. In molti luoghi, come Gyoengyoespata, i rom sono stati costretti ad andarsene perché la polizia veniva a difenderli ma poi andava via. In molte scuole vige una apartheid di fatto. Secondo Erzsébet Mohacsi, leader della Ong Chance fo Children Foundation, "in almeno un terzo delle scuole elementari esiste di fatto la separazione razziale in Ungheria".
Le leggi sul lavoro. Mentre ha introdotto un'imposizione fiscale a flat tax che ha disastrato le finanze pubbliche, il governo Orbàn ha drasticamente facilitato i licenziamenti, di fatto a danno di attivisti politici e sindacali e di donne incinte. I sindacati europei sono in prima linea contro la svolta.
La protezione dei dati personali. E'un altro punto su cui Bruxelles critica Orbàn: il governo è accusato dalla Commissione di voler abolire, di fatto, l'autonomia dell'autorità per la protezione dei dati personali. Fino a effetti indiretti estremi, come i fondi europei destinati alla guardia di frontiera (l'Ungheria è paese di confine di Schengen) e poi assegnati da Budapest alla polizia.
Andrea Tarquini
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