venerdì 25 febbraio 2011

MEDIO ORIENTE. L'UTOPIA DELLA PACE. 15/17

VIII
MATEMATICA
DA EUDOSSO DI CNIDO AI LIMITI DELLE FUNZIONI
A partire dal IV secolo a.C., i matematici greci si erano accorti della necessità di fare ricorso al concetto di infinitesimo per la soluzione dei problemi di misura.
Per dimostrare che lʼarea o il volume A di una certa figura è uguale a unʼarea o a un volume noto B, i matematici greci dimostravano che non poteva essere né A > B, né A < B, facendo vedere che qualunque fosse la differenza A – B, questa doveva essere minore di qualsiasi numero arbitrariamente piccolo, era cioè A = B.
In questa forma “negativa” di dimostrazione, nota come metodo di esaustione, sono evidenti le origini del calcolo infinitesimale. Lʼinventore del metodo di esaustione è certamente Eudosso di Cnido ma colui che seppe mostrare tutta la potenza di tale metodo nelle applicazioni possibili fu Archimede.
Con lui il metodo di esaustione diviene un procedimento utile a calcolare aree di varie figure geometriche piane. Consiste nella costruzione di una successione di poligoni che convergono alla figura data. L'area della figura risulta essere quindi il limite delle aree dei poligoni.
Ad esempio l'area del cerchio può determinarsi costruendo una successione di poligoni che assomigliano sempre di più al cerchio. Ad esempio, una successione di poligoni regolari con numero crescente di lati. A seconda che si scelgano poligoni iscritti o circoscritti nella circonferenza, l'area di questa risulterà essere approssimata inferiormente o superiormente. Entrambe le scelte portano comunque al limite all'area del cerchio.

Consideriamo unʼimpresa che produca un bene di largo consumo e che abbia investito una somma crescente nel tempo in pubblicità del proprio prodotto.
I dati passati mostrano che lʼoperazione pubblicitaria ha contribuito a un incremento dei profitti. Per decidere la futura politica di investimento in pubblicità, lʼimpresa vuole determinare se tale effetto sia destinato a mantenersi indefinitamente (nel senso che, ad ogni incremento delle specie pubblicitarie, siano sempre associati incrementi dei profitti). Per rispondere a questa domanda, occorre individuare la relazione che intercorre tra le due variabili y e x, che indicano, rispettivamente, il profitto dellʼimpresa e il costo dellʼintervento pubblicitario (entrambi in migliaia di euro), e determinare se il profitto aumenti sempre più allʼaumentare dei costi pubblicitari o se invece esista un livello oltre il quale il profitto non possa essere aumentato.
La relazione cercata è individuata da una funzione:
y=f(x),
la cui forma può essere ricavata dai dati relativi ai costi pubblicitari e ai profitti degli anni precedenti. Eʼ possibile che, costruendo una tabella con alcuni valori di x ed i corrispondenti valori di y, a un certo punto y, pur continuando ad aumentare allʼaumentare di x, non oltrepassi più un certo valore. Si avvicina sempre di più ad esso senza mai oltrepassarlo. Per precisare, attraverso criteri oggettivi e definizioni appropriate, il significato di questo concetto intuitivo, in matematica si fa ricorso a un nuovo concetto: quello di limite.
Il limite può essere: un limite finito di una funzione in un punto, infinito di una funzione in un punto, o ancora un limite finito o infinito di una funzione allʼinfinito.
I principali teoremi fondamentali sui limiti sono:
Teorema dellʼunicità del limite. Se una funzione ammette un limite, in un punto o allʼinfinito, tale limite è unico;
Teorema della permanenza del segno. Quando il limite di una funzione in un punto c è un numero l diverso da zero, esiste un intorno di c in cui (escluso al più c) la funzione
assume valori tutti dello stesso segno del limite;
Teorema del confronto. Se f(x), h(x), g(x) sono tre funzioni definite in uno stesso intorno H del punto c (escluso al più c), e risulta che: 1) h(x) sia maggiore o uguale a f(x), e minore o uguale g(x) per ogni x diversa da c e appartenente allʼintorno H; 2) il limite di f(x) per x che tende a c è uguale al limite di g(x) per x tendente a c e ha un valore l,
allora anche il limite di h(x) per x che tende a c è uguale ad l.
Fabrizio Giovanni Vaccaro

1 commento:

Anonimo ha detto...

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